mercoledì 2 marzo 2011

Crollo del protettorato americano nel mondo arabo, GEAB 52 parte 2



In attesa di sviluppi significativi sulla situazione a Tripoli, segnaliamo che in giornata la battaglia di Brega per il fondamentale controllo dei terminal petroliferi ha visto vincitori i manifestanti, nonostante due attacchi delle forze fedeli a Gheddafi e almeno due attacchi aerei. Intanto altre navi da guerra USA, francesi ed inglesi si starebbero avvicinando all'area. Due navi USA sono passate in giornata per il Canale di Suez.




Ecco comunque la seconda parte del Geab 52. 

Trovate la prima parte qui: La caduta del muro di petrodollari.


In caso di ripubblicazione si prega di preservare i link e citare il link diretto all'articolo originale: Crollo del protettorato americano nel mondo arabo e alla fonte: informazione scorretta



GEAB N°52 - Crisi sistemica globale/dissezione geopolitica del mondo, parte 2

2011/2012 - Crollo generalizzato del protettorato americano nel mondo arabo


In Haaretz (12) il 31/01/2011, si sarebbe potuto leggere il seguente titolo di un editoriale: "Obama sarà ricordato nella storia come il presidente che ha perso l'Egitto ". 



Per LEAP/E2020 è un'accusa molto grave verso Barack Obama, che è solo un ingranaggio senza visione strategica nella potente macchina degli Stati Uniti, e una visione molto limitata perché non è solo la questione della perdita dell’Egitto, ma di quella dell’intero protettorato degli Stati Uniti del mondo arabo che si è sviluppato progressivamente, dopo la seconda guerra mondiale ed è culminato con la caduta del Muro di Berlino (13). 


Abbiamo già descritto questo evento. 


Il nostro team cercherà ora di anticipare gli eventi nella regione, la cui rapidità sorprenderà ancora di più coloro che non si aspettavano gli shock della Tunisia e dell’Egitto di queste ultime settimane.

In sostanza, si può considerare che gli eventi in Tunisia e l'Egitto hanno agito come un doppio innesco di violenta radicalizzazione dell'intero mondo arabo (e del Medio Oriente) del mondo prima della crisi, un mondo caratterizzato dell’onnipresenza di un potere guardiano, gli Stati Uniti, che ha gestito gli squilibri di questa regione con due sole preoccupazioni: controllare il prezzo del petrolio e garantire la sicurezza di Israele. 



Possiamo già considerare che questo mondo di prima è morto perché questo duplice ordine del giorno è ormai obsoleto: si deve ora aggiungere all’elenco il "salvare la giornata", vale a dire, cercare di controllare le proteste di tutti i tipi (democratica, sociale, economica ... e domani culturale, religiosa, geopolitica ...) che sono in procinto di esplodere in tutta la regione. 


Noi avevamo detto nello scorso numero GEAB, anticipando in seguito gli eventi in Tunisia, che Mikhail Gorbaciov aveva almeno avuto la decenza di preavvisare i leader dei paesi satelliti dell'URSS che non sarebbe stato più in grado di supportarli in caso di problemi con le proprie popolazioni; è palese che Barack Obama non ha avuto tale eleganza, o più probabilmente, non esiste attualmente nessuno a Washington che abbia la visione lungimirante di Gorbaciov e la sua squadra sulla situazione fatiscente del potere in US (14). 


L'illusione del potere continua a regnare virtualmente inalterata nella capitale degli Stati Uniti.

Comunque, l’anticipazione degli eventi nel mondo arabo rivela notizie particolarmente pericolose per gli Stati Uniti, la loro strategia nella regione, Israele e la fornitura di petrolio agli Stati Uniti, che richiederebbero pertanto una rivalutazione molto veloce dell’analisi degli Stati Uniti su quello che non è più un protettorato degli Stati Uniti.

A questo proposito, dobbiamo fare una
netta distinzione tra due categorie di eventi e quindi concentrarsi su due livelli distinti di anticipazione: 



- Livello 1: Le conseguenze della fine delle tendenze che hanno modellato il mondo arabo prima della crisi e che sono sostanzialmente "morte" nel senso che non sono più in grado di predeterminare gli sviluppi futuri nella regione 






- Livello 2: l'impatto delle tendenze emergenti, consapevoli che tra queste molte non avranno alcun impatto a lungo termine o sono molto localizzate. 




Le anticipazioni del primo livello possono essere effettuate con un grado molto elevato di certezza; quelle del secondo livello, tuttavia, rimangono ancora una questione di probabilità.



Anticipazioni di livello 1


Sotto il titolo di anticipazioni di livello 1 (che appartenevano al mondo prima della crisi), si può stabilire un primo elenco di tendenze che si affermeranno con forza nei prossimi mesi: 





  • rapido collasso dell’influenza degli Stati Uniti sul mondo arabo, particolarmente in un ambiente in cui l'opinione pubblica si è trasformata fortemente in anti-americana negli ultimi decenni. Non ci soffermeremo qui nel confronto con la caduta del Muro, analizzata in altra parte di questo numero, in ogni caso, fondamentalmente, il rigettare le dittature della regione rappresenta l'espressione locale del rifiuto dell’influenza degli Stati Uniti che ha fatto di tutto per tenerle al potere anno dopo anno. Su questo punto, gli esperti di Washington, dovrebbero considerare i progressi del sentimento anti-russo nell'Europa Centrale e nei Paesi dell'Est europeo dopo il 1989 (15). Scoprirebbero che c’è voluta almeno una generazione prima che questi sentimenti negativi cominciassero a invertirsi. Questo dà una buona idea del rifiuto graduale nella regione a cui gli Stati Uniti sono ora esposti: una generazione. 

  • Fine della dicotomia pro-Occidentale/Islamico con cui Washington e i suoi alleati europei (ed i loro partner dittatori arabi) hanno tentato di mostrare la realtà del mondo arabo dopo la caduta del comunismo per sostituire in maniera spicciola la visione di "buon ragazzo / cattivo ragazzo", che aveva avuto così tanto successo durante la Guerra Fredda. La visione finale del mondo è, naturalmente, stata raggiunta sotto la presidenza di George W. Bush, dopo il 9 / 11, per la quale il sostegno per le dittature della regione divenne incondizionato in nome della lotta contro il terrorismo islamico. 
Gli eventi tunisini ed egiziani hanno dimostrato "dal vivo" che la maggioranza degli arabi sono semplicemente persone che vogliono vivere in una democrazia e prosperare, come chiunque altro, e non fanatici barbuti che sognano di uccidere migliaia di occidentali. 


In termini di opinione pubblica mondiale, le immagini delle strade tunisine e di piazza Tahrir al Cairo si sovrappongono ampiamente alle immagini delle Twin Towers. 




  • Fine del petrolio a buon mercato, o più esattamente del controllo indiretto dei prezzi del petrolio mediante la protezione accordata alle monarchie del petrolio. Tra il 1945 e il 1975, la strategia degli Stati Uniti nella regione è stata determinata dal desiderio di garantire il controllo delle vaste riserve di petrolio nella regione, poi dall’obiettivo di costringere il pagamento del petrolio con "Carta-" dollari, vale a dire, un dollaro libero da qualsiasi parità fissa con l'oro. Questo duplice obiettivo è stato raggiunto negli ‘80. 



Nel 2011, l'intera struttura sta collassando sotto la spinta delle popolazioni arabe. 


Perché, per quanto riguarda il petrolio, il vero shock proveniente da Tahrir Square, percepito a Riyadh e nelle monarchie del petrolio della regione, è la scoperta che gli Stati Uniti non sono un "bodyguard" affidabile. 


Perché, non facciamo errori sulla natura delle relazioni tra Arabia Saudita e Stati Uniti: per Riyadh, Washington è inteso come una comune guardia del corpo (16), molto costosa, certo, ma la famiglia reale Saudita può permetterselo. Ma quando si scopre che la guardia del corpo in questione ha appena tradito con leggerezza il proprio vicino, anch’esso sotto la sua protezione, uno non fa più tante domande. 


Uno inizia subito ad organizzarsi per la sua sostituzione o la sua retrocessione a compiti meno importanti.  In termini pratici, come provano le reazioni locali a quegli avvenimenti (17), la crisi egiziana e la mancanza di sostegno degli Stati Uniti per Mubarak, hanno avviato un processo di revisione delle intere relazioni verso Washington di Riad e delle altre monarchie del petrolio, inclusa la dipendenza dei leader di questi paesi verso i militari addestrati ed equipaggiati dagli Stati Uniti (18). 


Vista dagli Stati del Golfo, questa crisi di fiducia nel supporto militare e politico degli Stati Uniti verso i loro regimi si aggiunge alla crisi del dollaro americano, che perde di valore ogni giorno di più contro le principali valute del mondo, con il quale stanno pagando le loro importazioni, alle montagne di buoni del Tesoro degli Stati Uniti che hanno accumulato e il cui valore può cadere improvvisamente in qualsiasi momento e, naturalmente, all'incapacità degli Stati Uniti di far pressione su Israele per arrivare ad una soluzione praticabile del conflitto israelo-palestinese. 


Per il LEAP/E2020 la perdita di fiducia nell'affidabilità degli Stati Uniti come guardia del corpo rappresenta la goccia che farà traboccare la gobba del cammello tra fine 2011/ inizio 2012.



  • Fine dello status quo della regione sulla posizione di Israele nei confronti del faccia a faccia nel conflitto israelo-palestinese. Chiaramente, la stagnazione dell’Egitto negli ultimi due decenni ha notevolmente contribuito alla progressiva cessazione di tutti gli sforzi di Israele per risolvere il conflitto con i palestinesi. Nonostante quello che il regime militare attualmente al potere al Cairo dice, entro la fine di quest'anno, è il giocatore geopolitico egiziano, decisivo nella regione, che determinerà lo sblocco della situazione. E chi dice sblocco, dice la fine della paralisi regionale della questione israelo-palestinese. Senza, in questa fase, pregiudicare la direzione di questo sblocco (tranne che è impossibile che sia più favorevole alla posizione degli attuali leader di Tel Aviv di quanto non fosse prima), ecco che una rivoluzione è in il corso di preparazione anche qui. 


  • Spostamento fuori dalla sfera d'influenza degli Stati Uniti da parte di tutta la regione. Come già detto per quanto riguarda l'irresistibile desiderio di cambiare "guardia del corpo", che ha riguardato i capi delle monarchie del petrolio, così il mondo arabo stà entrando nel XXI secolo. Anche se, a livello di singolo stato, attualmente è impossibile sapere se e quando si realizzerà uno stabile processo di democratizzazione. D'altra parte, geopoliticamente, siamo in grado di identificare le due direzioni principali verso cui progredirà: in primo luogo, verso Est (19), la Cina è già un giocatore economico e finanziario di peso crescente per le monarchie petrolifere del Golfo e questa tendenza accelererà bruscamente. Anche la Russia, che sta già flirtando con l'OPEC, si trova ben posizionata. Simbolicamente grandi passi avanti sono stati compiuti verso la creazione di basi militari cinesi o russe nel Golfo. Così come, per quanto riguarda il Magreb e il Levante, è più verso l'Europa che le tendenze economiche, culturali e geopolitiche guideranno le genti ed i regimi. 



  • Rapido indebolimento dell’influenza saudita al centro del mondo arabo. In effetti Riyadh non ha risparmiato sforzi per cercare di costringere Washington a sostenere Mubarak, o almeno di consentirgli di organizzare il passaggio di poteri (20). Riyadh ha fallito. Il fatto che la causa vera risieda nell’incapacità degli stati uniti di incidere ormai su alcuno sviluppo dei maggiori eventi planetari (e la crisi araba è uno di questi) non impedirà a tutta una serie di attori nella regione di notare come l’Arabia Saudita non sia più capace di “far muovere l’America” (21). In ogni caso, costituisce con Israele l’altro maggiore operatore straniero che ha fatto pesare per decenni la propria politica interna (attraverso la propria potenza finanziaria) nella politica estera statunitense. Oltre alle preoccupazioni per la propria sicurezza, è il prestigio saudita ad uscirne colpito (22). Perdere la faccia oltre che fiducia: la doppia perdita saudita in questo caso peserà fortemente sul corso degli eventi del 2011/2012.

Andando oltre la prospettiva regionale, sta diventando evidente che è la triade Petrolio-Sicurezza-Dollaro, che ha formato la base dello status quo del mondo arabo per oltre 30 anni, che sta venendo spazzata via dinnanzi ai nostri occhi



Questo è naturalmente un evento geopolitico cruciale che avrà profonde conseguenze nei circoli economici, finanziari monetari e strategici di tutto il mondo nei prossimi quadrimestri. 







Proporzione della popolazione sotto i 25 anni nel mondo arabo



La crisi dell’Euro o quella dei subprime potrebbero impallidire al confronto ed il G20 di Cannes del novembre 2011 potrebbe vedere la sua agenda rivoluzionata dalle conseguenze degli accadimenti nel medio oriente.

Da questi trend di livello uno possiamo quindi anticipare un’incombente crisi petrolifera per gli Stati Uniti in particolare (e forse anche per il resto del mondo) innescata a fine 2011/inizio 2012 dalla fine della triade strategica Petrolio-Sicurezza-Dollaro. 







Il nostro team ha identificato quattro detonatori per questo shock riconducibili sostanzialmente alla volontà dell’Arabia Saudita (23) di prevenire il rischio di una rivoluzione nel cuore del regno wahabita, di riorganizzare le basi della sicurezza interna ed esterna, e di dare nuova legittimazione alla propria leadership nel mondo arabo-musulmano (24):


1. UN IMPROVVISO CAMBIO DI VALUTA NELLA VENDITA DEL PETROLIO DEL GOLFO DAI DOLLARI ALL’EURO, YEN E YUAN. 



 Questa è una semplice accelerazione di trends già in atto ma questo aumento di velocità nel cambiamento (che potrebbe prendere la forma della riesumazione del progetto di singola valuta per gli stati del golfo, il Khaleed) avrà un effetto seriamente destabilizzante sullo status e quindi sul valore del dollaro. Un calo del 20% del suo valore contro le maggiori valute mondiali nel giro di poche settimane sarebbe una stima a priori piuttosto prudenziale dato che si assiterebbe ad deciso declino di domanda mondiale di dollari. Questa misura sarà assimilabile ad una “punizione” degli Stati Uniti per il modo in cui hanno gestito la crisi egiziana.



2. VENDITA DI T-BONDS AMERICANI (O SOSPENSIONE DEL LORO ACQUISTO) PER OTTENERE MAGGIORI CONCESSIONI DA ISRAELE NEL PROCESSO DI PACE PALESTINESE.


Un mix di “punizione” degli Stati Uniti e di tentativo di ri-legittimare la propria leadership nel mondo arabo mentre si reindirizza la domanda dei ceti popolari è un metodo che potrebbe essere ben messo in atto da Ryiadh. Ciò avrebbe una ricaduta fortemente negativa globalmente sui T-Bonds e sul dollaro USA (25). Di fatto è il sistema monetario mondiale al completo ad essere alla mercé di un colpo del genere, ma in questo caso troveremo un crescente numero di attori le cui motivazioni renderanno queste considerazioni secondarie.



3. INNESCARE UN EMBARGO PETROLIFERO VERSO GLI USA PER SIMILMENTE OTTENERE MAGGIORI CONCESSIONI DA ISRAELE SUL PROCESSO DI PACE PALESTINESE.


E’ sufficiente richiamare alla memoria il primo shock petrolifero per sapere che storicamente sono questioni legate molto strettamente. Oggi le conseguenze per gli Stati Uniti sarebbero ancora più grandi perché dipendono in misura molto maggiore dalle importazioni petrolifere che non negli anni ’70 e perché il Venezuela molto probabilmente si unirebbe all’embargo (26).




4. CAOS REGIONALE CHE INFLUENZA TUTTI I RIFORNIMENTI DI PETROLIO DAL GOLFO.


Questo sarà un problema globale che terminerà in una completa esplosione della regione, combinando rivoluzioni nazionali, violenza, numerosi interventi esterni (dagli USA all’Iran) e terrorismo. Il prezzo del petrolio salirà a razzo in ogni moneta e l’economia mondiale sprofonderà in una nuova recessione particolarmente profonda.


Tenete a mente che le nostre anticipazioni per il contesto del mondo arabo si inseriscono nel quadro generale di “2011 un anno spietato”, così come descritto nel GEAB n°51, cioè a dire di una nuova fase della crisi che spazzerà via quegli attori che dal 2008 non hanno cominciato l’adattamento al nuovo mondo in divenire. 



I regimi egiziano e tunisino hanno già dato un buon esempio di questo processo. 


Gli Stati Uniti hanno solo dimostrato una volta di più la loro totale impreparazione per i cambiamenti in corso e sembra improbabile al nostro team che siano in grado, nel breve volgere di pochi mesi, di implementare misure in grado di evitare l’innesco di uno o l’altro dei processi descritti più sopra. La via più facile sarebbe certamente un completo voltafaccia israeliano sulla questione del processo di pace e una sua integrazione nella regione, ma data l’attuale dirigenza israeliana e la situazione attuale degli Stati Uniti (anno pre-elettorale e paralisi del sistema di governance americano (27) ), è una possibilità molto improbabile. 


Secondo noi lo shock avverrà, in una forma o nell’altra, verso la fine del 2011.





Anticipazioni di livello 2

Con il titolo di trend di livello 2, quelli del mondo post-crisi, che avranno un impatto sui paesi arabi, il nostro team ha identificato lo scenario più probabile che ruoterà attorno a quattro temi principali:


  • un decennio di transizioni democratiche altalenanti tra modello turco, iberico-latino ed est europeo. È un colpo di fortuna per le forze democratiche di questa regione, che arrivino proprio in un momento storico nel quale esistono esempi di transizione democratica di successo. Quello che ancora manca maggiormente nelle nuove democrazie è l’esperienza personale dei protagonisti, da cui l’importanza dei modelli da seguire.
  • caratterizzato da difficili condizioni economiche (disoccupazione, inflazione dei salari, inflazione dei prezzi dei generi alimentari, …): bassi salari faranno innalzare enormemente la domanda, il che, a sua volta, alimenterà l’inflazione dei salari che si aggiungerà a quella dei generi alimentari. Inizialmente, l’instabilità ridurrà l’investimento estero e si rinforzerà il desiderio di migrazione (28). I partner dei paesi arabi e, in modo particolare i vicini più ricchi, cioè l’Unione Europea, dovranno fare i conti con tali eventi e dare un massiccio contributo alla stabilizzazione dell’economia dei paesi arabi, soprattutto quelli del Mediterraneo. L’UE farebbe bene a prepararsi per rilanciare il processo Euromed, dotato di sostanziali finanziamenti a copertura (29)
  • segnato da una dicotomia tra il mondo arabo mediterraneo e quello del golfo mediorientale, con il rischio di colpi di stato nel mediterraneo e un rischio ancora maggiore di colpi di stato o di guerre islamiche nel Golfo e nella regione mediorientale. Per ora, il pericolo del fondamentalismo appare più debole nel Maghreb/Levante che nel Golfo o nel Medio Oriente, dove sono direttamente coinvolti sia l’Arabia Saudita che l’Iran. Per quanto riguarda i colpi di stato, d’altro canto, l’intera regione è coinvolta sia perché gli Stati Uniti sembrano non avere alcuna influenza fuori delle proprie basi nella zona, sia perché Israele preferisce quei regimi immobili alle democrazie imprevedibili, delle quali neppure i cinesi e i russi sono amanti. Ed è qui, perlomeno nel mediterraneo, che l’Europa può fare la differenza, se lo vuole.

  • con la possibilità di un processo unificante e moderato, precisamente col ritorno di un progetto rinnovato per l’unità araba, che è al primo posto tra i giovani arabi che si confrontano molto facilmente coi giovani europei o latino americani, come il nostro team ha notato per svariati anni. Tra petrolio, acqua e popolazione, il mondo arabo, unito dalla lingua, detiene tutti gli ingredienti per un’integrazione regionale di successo. La generazione del “baby boom arabo” (30) che sta facendo cadere i vecchi regimi dittatoriali ha a cuore il revival di questa ambizione, illustrata dalla speranza di una rivoluzione che sta dilagando in tutto il mondo arabo. Tale sviluppo porterà direttamente ad un’accelerazione del processo democratico regionale e al decollo dell’economia di larga scala. Ma qui, di nuovo, il mondo esterno avrà un peso consistente. Sarà, infatti, essenziale che questo processo sia incoraggiato, mentre venne soffocato e dalla Guerra Fredda e dall’emergenza post coloniale che vissero i paesi occidentali. Sostenendo tale processo, gli Stati Uniti potranno trovare un modo per accorciare il loro purgatorio morale. Quest’opportunità si chiuderà nei prossimi quattro o cinque anni. La chiave di questo futuro è, in ogni caso, nelle mani dei figli del “baby boom arabo”.

Per concludere, in questa anticipazione della caduta del “muro del petro-dollaro”, LEAP/E2020 suggerisce tre gruppi di paesi arabi (31), classificati secondo la probabilità di un rapido cambiamento (2011/2012) del regime corrente (32). Il nostro team ha identificato cinque criteri per questa classificazione (33): il numero di giovani nel paese, il tasso di disoccupazione (34), il livello di istruzione, la mancanza di valvole di sicurezza (origine della democrazia, guerra straniera, incapacità di fornire un benessere economico a corto termine), l’età del paese (pre-esistente o creata durante il periodo coloniale), l’esposizione del paese ai media (35):


Primo gruppo (paesi più esposti ad un cambiamento rapido - 2011/2012- del regime esistente): Tunisia, Giordania (36), Palestina, Emirati Arabi (37), Yemen

Secondo gruppo (paesi in cui il regime ha possibilità di durare più a lungo, ma dove, in definitiva, il cambiamento avverrà entro la fine del 2012): Egitto (38), Marocco e Libano

Terzo gruppo (paesi nei quali il regime potrebbe resistere, anche con la violenza, ai tentativi di cambiamento almeno fino alla fine del 2012): Algeria (39), Arabia Saudita, Libia, Siria





Qui la terza parte. 


Saluti felici




Felice Capretta






NOTE


12. Qui, la nostra squadra vuole chiarire un punto metodologico che ci pare essenziale per comprendere gli eventi rilevanti della regione: gli illuminati osservatori di Israele, cioè senza indicatori ideologici e dotati di intelletto acuto, sono oggi, secondo la nostra squadra, fonti di informazione indiscussa sulle progressioni di queste rivoluzioni e rivolte arabe per tre ragioni: in quanto israeliani, sono in prima linea in virtù della posizione geografica di Israele nel cuore del mondo arabo, sono motivati al 100% di provare a giudicare coerentemente le tendenze dal momento che queste pesano direttamente sulla sopravvivenza dello stato Ebraico ed infine sono tra i migliori esperti sugli Stati Uniti e specialmente sul sistema di potere statunitense (giocano un ruolo importante in termini di relazioni estere). Per il momento (ma sta già cambiando in Tunisia), la stampa Araba è essenzialmente controllata da regimi al governo e/o da una stampa in esilio senza una diretta visione della realtà locale. E’ perciò Israele, secondo LEAP/E2020, che al momento offre le analisi migliori dei processi in atto nella regione.

13. E dal 1971, con l’imposizione del dollaro statunitense come unica moneta per le transazioni sul petrolio, senza ulteriori garanzie (fine dell’era oro-dollaro).

14. Sebbene sembri che dai fatti dell’Egitto, alcune voci stiano cominciando a farsi sentire su questa materia, sebbene rimangano incentrate (erroneamente) sullo stesso Obama e sul caso Egitto. Fonti: Washington Post, 02/15/2011; Arkansas Online, 02/12/2011.

15. L’editoriale su Haaretz dell’ 11/02/2011, non dice niente di più quando scrive che se Obama non è Jimmy Carter, non ci sarà nemmeno un Ronald Regan dopo di lui.

16. La storia giudicherà molto velocemente se avranno ragione oppure no qui, poiché sapremo presto se la famiglia reale saudita sarà in grado di trovare uno o più sostituti per questa guardia del corpo che non fa più il proprio lavoro oppure, al contrario, se fosse più che una sola guardia del corpo, ma di fatto una componente strutturale che determina la reale esistenza delle monarchie del Golfo petrolifero.

17. In Arabia Saudita, la stampa locale vicina al Governo, ha anche scritto che “l’amministrazione Obama è diventata un Handicap per i suoi amici” aumentando una politica che è “una mescolanza di ingenuità e bugie faccia a faccia con i suoi amici”. Fonti: Dar al Hayat, 02/11/2011; e Dar al Hayat, 02/11/2011

18 . Quando sai che la tua stessa gente è la principale minaccia al tuo potere, sei, francamente furioso nel notare che l’unica azione significativa degli Stati Uniti nella crisi egiziana è stata di impedire all’esercito del Presidente Mubarak, con ufficiali addestrati dagli Stati Uniti, di sparare alla propria gente, nonostante il desiderio evidente dei leader egiziani di risolvere la crisi in quel modo…che conduce al fatto che è questo stesso esercito che alla fine ha detronizzato Mubarak. Da buon dittatore, ti chiedi se possano esistere altri poteri forti al mondo che potrebbero esse “più affidabili” qui e non esiteresti (come hanno fatto gli Stati Uniti in passato) a prenderti la responsabilità di sparare alla folla con un esercito istruito ed equipaggiato da loro. Non c’è dubbio che il pensieroso sguardo dei dominatori del Golfo stia ora indugiando alla lunga su Pekino o Mosca, per esempio, o su Parigi o Londra (almeno per diversificare). Ed un dittatore pensieroso è sempre un cattivo segno per i compagni del momento, poiché queste persone quasi mai pensano che i poeti siano slegati dall’azione.

19. Si può includere il Nordest, per dire l’Iran, che patirà le conseguenze della rivoluzione tunisina ed egiziana ma probabilmente nella direzione di una più grande apertura del regime che condurrà perciò ad un’ aumentata influenza estera come un potere regionale.

20. Fonte: The Australian, 02/11/2011

21. E l’Egitto, giocatore storico centrale del mondo arabo, torna alla vita mentre il rafforzamento dell’ Arabia Saudita è stato nutrito da trent’anni di immobilismo egiziano.

22. In cui, non si dimentichi, i Sauditi e gli Americani condividono l’essere largamente odiati dalla gente del mondo arabo. Un Principe debole ed odiato è un Principe in affanno, come disse Machiavelli e perciò, un principe che cercherà di ri-legittimare il proprio potere con qualsiasi mezzo. Oltre l’Egitto, nel Libano attuale, gli sforzi di Arabia Saudita, America e Francia, sono stati tenuti in scacco dalla vittoria degli Hezbollah per la formazione del nuovo governo.

23. Ed i suoi mini-cloni, gli Emirati del petrolio.

24. Storicamente, la competizione tra Riyadh ed Il Cairo per il ruolo di leadership è un movente molto importante per le dinamiche della regione.

25. E’ istruttivo notare in primis che Mohammed El Erian, membro aggiunto capo esecutivo del PIMCO (compagnia del Pacifico di gestione investimenti), il più grande fondo obbligazionario del mondo, ha detto l’11 febbraio che la crisi egiziana messo in evidenza gli Stati Uniti soprattutto per l’assenza di un volo verso il cosiddetto paradiso sicuro del Dollaro americano e in secondo luogo, che PIMCO ha annunciato il 15 febbraio che la porzione di capitale mantenuta in titoli del Tesoro statunitense è passata dal 24% al 12%, una riduzione insolita in quanto a grandezza e velocità. Fonte: CNBC, 11/01/2011; Alphaville, 15/02/2011

26. Con i prezzi alla pompa ai massimi storici, gli Stati Uniti sono un bersaglio perfetto. Fonte: YahooNews, 11/02/2011

27. I commenti contraddittori dell’amministrazione statunitense durante la crisi egiziana sono anche eloquenti.. Fonte BBC, 05/02/2011

28. Il caso tunisino ci fornisce l’illustrazione. Fonte: Libération, 13/02/2011

29. Comunque dobbiamo seppellire il corpo dell’Unione per il Mediterraneo per sempre, poiché è per la cooperazione Euro-Med ciò che lo scudo fiscale è per il sistema fiscale francese, cioè una fantasia senza futuro.

30. Poiché siamo realmente testimoni di un avvenimento simile agli anni ‘60 e ‘70 nel mondo occidentale, che vide un’intera generazione di giovani turbare l’assetto di società formate e condotte da uomini della generazione della Seconda Guerra Mondiale. Ma il paragone finisce qui, poiché nel mondo arabo, questa generazione affronta dittatori reali e verrà peraltro costruita con un duro processo di pericoloso confronto; mentre in occidente, si trasformò molto velocemente in rivoluzione sociale poiché, politicamente, il confronto fu limitato ad una parodia di rivoluzione, senza pericolo reale per i “rivoluzionari”.

31. Abbiamo incluso Tunisia ed Egitto in questa classificazione da quando è un test molto affidabile e poiché gli eventi si stanno ancora evolvendo in questi due stati.

32. Prestiamo attenzione al fatto che un regime può non cadere nel momento in cui ha precipitato il paese in uno stato di enorme instabilità, particolarmente nel caso di una brutale repressione da parte dell’esercito; ed un dittatore può cadere senza che sia il regime a farlo.

33. Non abbiamo incluso il processo di contaminazione diretta contingente sulla caduta di altri regimi poiché è un fatto ma non possiamo ancora inserire linee guida su questa materia.

34. Si noti che le percentuali di disoccupazione ufficiali, sebbene molto alte, sembrano essere pesantemente sottostimate come mostrato dai primi articoli liberi tunisini sulla materia; e perciò limitano l’affidabilità dell’analisi. Fonte: Le Temps de Tunis, 14/02/2011

35. Senza nessuna immagine dal vivo trasmessa nel mondo, e senza significativa dipendenza dal mondo esterno, una brutale repressione è sempre molto allettante per un dittatore ed il proprio seguito.

36. Anche i Beduini, pilastri del trono, attaccano la famiglia reale attraverso la Regina Rania. Fonte: YahooNews, 08/02/2011

37. Il Bahrain sembra aver aperto il processo con due dimostranti uccisi e l’opposizione Shiita che fa passi avanti. Fonte: Iranian PressTV, 15/02/2011

38. Per il momento il regime egiziano resta ampiamente intatto. Fonte: Deutsche Welle, 15/02/2011

39. La violenza degli anni ’90 contribuisce anche a rendere gli algerini più restii ad un confronto diretto con il potere. Fonte: Le Monde, 12/02/2011



In caso di ripubblicazione si prega di preservare i link e citare il link diretto all'articolo originale: Crollo del protettorato americano nel mondo arabo e alla fonte: informazione scorretta

8 commenti:

Hiei ha detto...

"la battaglia di Brega per il fondamentale controllo dei terminal petroliferi ha visto vincitori i manifestanti, nonostante due attacchi delle forze fedeli a Gheddafi e almeno due attacchi aerei."

Prendiamo nota che gli intrepidi insorti, dati dall'Istituto Luce per essere a poche ore dal trionfo e dal portare la testa del malvagio sotto le telecamere adesso devono difendersi con le unghie e con i denti a quanto pare.

Spacciamola pure per una vittora, vah: ma che sei parente di Moggi per caso? :'D

IO (Mario Barbiero) ha detto...

petrolio 114$
oro 1440$
argento 35$
rame 4,50$
frumento 8,2$
cotone 2,10$
caffè 2,60$
zucchero 3$

Le stime per l'inflazione in Europa sono tipo 2,5%; mentre le materie prime macinano qualcosa tipo 200% e 300% di aumento.
La conclusione è che la matematica è un'opinione, almeno in Occidente, mentre in tutti gli altri paesi del mondo no.

Anonimo ha detto...

inflazione e qumenti delle materie prime non devono coincidere. l'occidente consuma circa il 5% delle proprie disponibilità in generi alimentari. l'immobiliare, in compenso, continua a scendere. quanto spende uno per una casa? in proporzione quanto devrebbero aumentare gasolio e generia limentari per compensare? la questione è più complessa.
stiamo vedendo un'inflazione nei paesi emergenti e una deflazione in quelli "maturi".
Fra

Anonimo ha detto...

I capitali dei Geddafi erano e sono gestiti da GS, JPM e Citigroup. Come ha fatto Geddafi a bypassare le rigide norme antiriciclaggio di europa e usa sul riciclaggio di denaro sporco?
Come ha detto Mervin King ieri, c'è da meravigliarsi che dato tutto quello che è successo l'astio della gente contro le banche sia ancora così ridotto.
Fra

idea3online ha detto...

Questi del Geab che stimo enormemente a volte pare siano come le profezie delle religioni dette prima di parlare con chi guida la nave. Questo 2012 o entro il 2012 tutti i regimi dovrebbero crollare cosa nasconde?

IO (Mario Barbiero) ha detto...

"il 5% della disponibilità ..." suona bene, perchè liquidare dati più allarmistici tipo il 60% di grano duro viene importato, il 90% delle risorse energetiche viene importato, il 95% dei metalli viene importato e così via (attenzione dati riferiti all'Italia, ma quelli europei nel complesso non sono tanto migliori) sarebbe stato un po' più difficile.

Gheddafi, le banche d'affari americane e i soldi, anzi i petrodollari.
Che in sostanza sono fogli di carta colorata verde che quelli che stanno dietro alle grandi banche d'affari americane hanno dato a Gheddafi in cambio di solido petrolio, che consumano gli Occidentali e i loro sodali, sì la Cina è un sodale degli occidentali.
Prodi in una recente intervista al TG3 alla domanda sui rischi derivanti dagli investimenti libici in Italia ha detto più o meno una cosa del tipo "quelli ormai sono fatti, non possono tornare indietro, insomma i libici si sono fatti fregati per bene".
A questo punto preferisco Hiei con le sue once d'oro e Ravelli con la sua scuola austriaca.

MastroTux ha detto...

Leggermente OT rispetto al post, ma non troppo.
Nell'analizzare i disordini in Libia, si usa la stessa chiave di lettura usata per l'Egitto e la Tunisia, cioè quella della rivolta di popolo.

Probabilmente, è una chiave di lettura fuorviante. Il regime libico, infatti, si regge su un delicato equilibrio di potere che Gheddafi era riuscito a stabilire con le 140 tribù libiche. Vi fornisco un articolo che, anziché riclare le analisi effettuate nel caso delle rivolte precedenti, si concentra su questo rapporto di potere. Come è nato, come si è evoluto, come sta finendo.

http://www.agoravox.it/La-rivoluzione-in-Libia-e-tribale.html

Spero di aver contribuito al dibattito. Buona permanenza su IS.

Anonimo ha detto...

@FC
Grazie per il lavoro di divulgazione

Gigi